Familie Flöz, la famiglia universale nel racconto non-verbale di maschere

Una serata di teatro che comincia con “l’inizio di tutto”? Accade in Hokuspokus l’ultima creazione di Familie Flöz, una delle realtà più originali e amate del teatro europeo contemporaneo. Una riflessione teatrale immaginifica sulle origini della vita e sull’incredibile avventura che ne segue. La celebre compagnia tedesca, composta da attori, autori, musicisti e scenografi provenienti da diverse parti del mondo, arriverà al Teatro Ristori per l’ultima divertente e commovente “Serata d’Autore” in programma giovedì 3 aprile alle ore 20:30. Elemento distintivo di Familie Flöz è l’uso delle maschere teatrali: sculture espressive, grottesche, potentissime, capaci di dire tutto senza parlare. Ma in Hokuspokus il sipario si solleva ancora di più: vediamo anche gli attori dietro le maschere, i corpi che le animano, i musicisti che creano in scena suoni e rumori, i tecnici che modellano luce e immagini. È un teatro che svela sé stesso, dove il creatore e la creazione coesistono sulla scena.
Il titolo stesso, Hokuspokus, gioca con l’ambiguità tra sacro e profano: potrebbe derivare dalla frase latina Hoc est enim corpus meum – “Questo è il mio corpo” – evocando una liturgia teatrale in cui ogni gesto è significato e significante, illusione e verità. Hokuspokus è la storia di una famiglia universale con tutte le sue gioie, tensioni e assurdità. Nell’oscurità iniziale, due figure prendono forma. I loro corpi, prima ancora delle parole, producono suoni e ritmi: è il battito della vita che nasce. Si osservano, si riconoscono, si innamorano. Inizia così un viaggio che attraversa la storia dell’umanità.
Dall’idillio primordiale si passa a un appartamento a prezzi accessibili, dall’arrivo dei figli al lento scivolare in una quotidianità tragicomica. Familie Flöz dipinge - con ironia e poesia - il ritratto di una famiglia che potrebbe essere la nostra. La madre severa, il padre clownesco, i figli tiranni e adorabili: tutti emergono da una realtà costruita davanti agli occhi dello spettatore, in tempo reale, in un affascinante gioco metateatrale in cui attori, maschere e musica convivono in perfetta armonia.
Non ci sono dialoghi in Hokuspokus, ma c’è un linguaggio universale che arriva diretto al cuore. È il linguaggio del teatro fisico, della musica creata dal vivo, della mimica, del respiro. Un teatro che riesce a essere al tempo stesso antichissimo e modernissimo. In 90 minuti di pura invenzione scenica, lo spettatore è trasportato in un viaggio antropologico, sonoro e visivo, dove il ridere si alterna al commuoversi, la delicatezza all’assurdo, il dramma alla farsa.