Apicoltori: Dopo il caso del falso miele bio a Verona bisogna ripensare la certificazione

"Il falso miele bio appare come una frode nella frode: quanto accertato in questi giorni dai Carabinieri dei Nuclei per la Tutela Agroalimentare di Verona e Firenze, nell'ambito di un'indagine sulle frodi agroalimentari, è di assoluta gravità e dovrà stimolare un processo di ripensamento sui sistemi di certificazione e sui controlli ai controllori, specie quando le produzioni vengono certificate all'estero". Questo il commento della Federazione Apicoltori Italiani (Fai) sulla vicenda che offusca l'immagine di una filiera produttiva - quella del miele italiano - seria e da sempre impegnata a garantire elevati standard di qualità. Va delineato, tuttavia, sottolinea la Fai, l'attuale volto dell'apicoltura cosiddetta "Bio" in Italia: all'apicoltura condotta con "metodo biologico" aderisce poco più del 5% dei produttori (4.144 apicoltori) contro circa il 95% dei produttori convenzionali (72.540 apicoltori).
I capi di allevamento registrati come "biologici" sono pari al 12,3% del patrimonio apistico nazionale (249.535 colonie di api), rispetto al 71,4% di capi "convenzionali" (1.451.789 colonie di api). Il restante 16,3% non dichiara la modalità di allevamento. Appare dunque chiaro che il "bio", sebbene piaccia molto e rassicuri i consumatori, stenta a farsi strada tra gli stessi produttori che lo vedono ancora come un sistema di certificazione complicato e costoso.
"La vicenda del "falso miele bio" a Verona rischia ora di incrementare lo scetticismo degli apicoltori - afferma il presidente della Federazione Apicoltori Italiani, Raffaele Cirone - e concordiamo pienamente con la Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica (FederBio) circa la necessità di adottare il marchio biologico italiano": uno strumento essenziale per valorizzare e rendere riconoscibile l'autenticità delle produzioni biologiche nazionali, ottenute da materie prime coltivate o allevate in Italia. Ecco perché, ad avviso della Fai, è giunto il momento di pensare ad una campagna di sensibilizzazione e ad una politica di alleggerimento dei costi di certificazione che potrebbero stimolare nei produttori l'auspicato processo di crescita dell'apicoltura biologica in Italia.