Il sindaco di Betlemme in visita a Verona

Il primo cittadino di Betlemme, Maher Nicola Canawati, dopo aver incontrato il Papa e aver inaugurato il Parco della Pace a Vicenza, ha fatto tappa giovedì pomeriggio a Verona, città con la quale sussiste da anni un patto di amicizia.
L'incontro con il sindaco Damiano Tommasi si è tenuto in sala Arazzi alla presenza degli assessori della Giunta e dei consiglieri comunali. “La nostra delegazione è partita da Betlemme con il cuore infranto, ora torno con il cuore gonfio di speranza”, ha tenuto a sottolineare dopo aver raccontando quello che sta accadendo in Palestina.
“Dal profondo del mio cuore, - ha dichiarato il primo Cittadino di Betlemme - io ringrazio il singolo italiano che sta dalla parte della Palestina e sta chiedendo il cessate fuoco e questo per me è importante".
Il sindaco Damiano Tommasi al termine dell'incontro ha ricordato come "il contatto diretto rappresenta la continuazione di quel patto di amicizia con Betlemme nato tanti anni fa e che oggi, in maniera ancora più significativa, visto quanto sta accadendo, assume un valore non solo istituzionale ma anche umanitario e di autentica amicizia. È un dialogo che speriamo possa proseguire, trovando concretezza anche nell’aiuto alla quotidianità, che – come abbiamo ascoltato dalle sue parole – è ben lontana da ciò che riusciamo solo a immaginare da qui."Tommasi ha ribadito che è fondamentale partire dal "cessate il fuoco", primo passo verso l'inizio di una possibile soluzione.
Canawati ha tracciato un quadro drammatico dello stato di isolamento e crisi in cui versa la propria città: “L’emigrazione continua a svuotare Betlemme e le altre città palestinesi, impoverendo la Terra Santa della sua presenza cristiana. Le persone stanno lasciando Betlemme e la Palestina a causa di ciò che sta accadendo. Gli insediamenti dei coloni intorno alla città ormai rivaleggiano con la popolazione stessa, mettendo sotto forte pressione le risorse: Betlemme è circondata da 28 insediamenti, con 180.000 abitanti attorno che prendono le sue risorse. Un esempio concreto riguarda l’acqua: Betlemme è ricca di acqua, ma i palestinesi non possono accedervi. Siamo costretti a comprare l’acqua da Israele, che non ci fornisce nemmeno il necessario. Riceviamo appena un quinto di ciò che ci occorre. In parallelo, il governo israeliano fornisce armi ai coloni, che le usano contro i palestinesi senza subire conseguenze legali. A Betlemme ci sono 134 porte, barriere e check-point: tutto ciò spinge la popolazione a perdere la speranza e a credere che l’unica soluzione sia andarsene”.
Il primo Cittadino di Betlemme si è detto affranto dalla continua emorragia di popolazione cristiana: “sono 165.000 i cristiani palestinesi che vivono in Palestina. Altri 4 milioni di cristiani palestinesi vivono invece fuori dalla Palestina. Sì, è un numero molto elevato. E questo dimostra cosa è accaduto ai palestinesi dal 1948. Lo stesso vale per i musulmani. Se questo non si chiama pulizia etnica, allora cos’è la pulizia etnica? Se quello che sta succedendo a Gaza non è un genocidio, allora cos’altro possiamo chiamarlo? Sostenere la popolazione affinché non emigri. Questa è la cosa più importante che stiamo cercando di fare in questo momento”.
L’economia di Betlemme, tradizionalmente legata al turismo religioso e all’accoglienza dei pellegrini, è stata colpita in modo drammatico dopo l’inizio della guerra, due anni fa. Il sindaco parla di un azzeramento totale delle attività: “gli hotel della città hanno chiuso, così come i negozi di artigianato e i laboratori. La disoccupazione ha raggiunto il 65%. A questo si aggiunge il divieto per molti cittadini di lavorare nelle aree israeliane: oltre 120mila abitanti erano impiegati fuori Betlemme e oggi, privati di quella possibilità, non riescono nemmeno a garantire il necessario per vivere."