Accerchiata dal branco in stazione a Verona, dal "caso" Jesusleny una proposta di legge popolare

In molte città italiane, oggi, vivere con serenità negli spazi pubblici è diventato un lusso. Troppi cittadini, ogni giorno, convivono con la paura: donne che evitano di passare in certe strade, anziani che rinunciano a uscire la sera, giovani che vivono con la costante percezione del pericolo. Il tema della sicurezza urbana è diventato una priorità non più rimandabile. A partire da questa realtà nasce una proposta di legge di iniziativa popolare che ha un carattere eccezionale: non nasce da partiti, né da associazioni strutturate, ma da una cittadina – che ha scelto di reagire a un episodio drammatico trasformandolo in un’azione civile collettiva. Un anno e mezzo fa, nel pomeriggio, Jesusleny Gomes stava rientrando da Roma ed è arrivata alla stazione ferroviaria di Verona. Qui ha vissuto un episodio che ha lasciato un segno profondo. È stata accerchiata da un gruppo di giovani con atteggiamenti minacciosi. Sentendosi in pericolo, ha avuto il coraggio di prendere il telefono e avviare una diretta Facebook, raccontando in tempo reale ciò che le stava accadendo. Quel gesto ha fatto la differenza. Il video ha attirato immediatamente l’attenzione dei media e degli utenti, rendendo visibile una situazione che troppe persone vivono ogni giorno, in silenzio. Quando i malintenzionati si sono accorti della diretta, hanno tentato di salire sull’autobus su cui lei era fuggita per “regolare i conti”. Solo l’intervento pronto dell’autista ha evitato che la vicenda degenerasse in violenza fisica. Quell’evento non si è concluso con la fuga.
Si è trasformato in trauma, ma anche in consapevolezza e volontà di cambiamento. Jesusleny ha capito che non bastava denunciare: bisognava agire, e dare voce a tutte quelle persone che non hanno il coraggio o gli strumenti per farsi ascoltare. La proposta di legge che ne è nata non è una semplice misura tecnica, ma una richiesta esasperata di aiuto da parte dei cittadini. Un grido che chiede più presenza, più protezione, più strumenti per affrontare la crescente insicurezza urbana.
Il cuore della proposta è l’introduzione di un nuovo articolo – il 10 bis – nel Decreto-Legge del 2017. Questo articolo prevede:
* l’individuazione da parte dei Prefetti di “zone rosse” in aree urbane a rischio;
* l’emissione di divieti di accesso e ordini di allontanamento per soggetti con
precedenti penali o comportamenti reiterati lesivi della sicurezza pubblica;
* il rafforzamento della presenza delle forze dell’ordine nei luoghi sensibili;
* l’obbligo per i Prefetti di rendere conto con relazioni semestrali dei risultati ottenuti, per assicurare trasparenza e responsabilità.
Si tratta di misure già previste in alcune ordinanze locali, ma che ora si vorrebbero rendere uniformi, stabili ed efficaci a livello nazionale, con il supporto legislativo nazionale. «La sicurezza non ha colore politico. È un diritto di tutti.» – spiega Gomes. – «Per questo la mia proposta si rivolge a ogni cittadino, a ogni amministratore, a ogni famiglia. Non importa da dove veniamo o per chi votiamo: tutti abbiamo diritto di vivere in spazi pubblici sicuri.»
La strada per presentare una legge di iniziativa popolare è lunga e complessa. Prevede una serie di adempimenti formali e burocratici molto stringenti. Per questo, Jesusleny ha chiesto aiuto ad altri undici promotori, persone comuni che hanno creduto nella sua determinazione e hanno deciso di accompagnarla in questo percorso. «Da sola non avrei potuto superare gli ostacoli burocratici iniziali. Ho sentito il bisogno di circondarmi di persone che credessero in questo progetto quanto me», racconta. Insieme, hanno depositato il titolo della legge presso la Corte di Cassazione, ottenuto la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, completato la vidimazione dei moduli presso il tribunale, e verrà attivato la raccolta firme anche online attraverso la piattaforma ufficiale del Ministero della Giustizia.
Oltre agli adempimenti formali, Jesusleny ha voluto dare un segnale concreto, scegliendo un gesto simbolico e forte: attraversare a piedi i territori, visitando uno a uno i Comuni, per raccontare il progetto e raccogliere firme direttamente dai cittadini. Non si limita a depositare i moduli. Partecipa fisicamente a mercati, eventi pubblici, incontri con i sindaci e le giunte, ascoltando le testimonianze delle persone, raccogliendo preoccupazioni e speranze. Questo approccio diretto, umano, reale, ha l’obiettivo di creare una mobilitazione spontanea: tanti amministratori locali hanno scelto di sostenere, rendendo disponibili i moduli per la firma nei propri uffici comunali e partecipando attivamente alla raccolta firme. Un fronte trasversale per la sicurezza Chiunque viva in una città oggi sa che la sicurezza urbana non è solo una questione di ordine pubblico. È una questione sociale, culturale, perfino economica. La paura riduce la libertà. Distrugge la fiducia. Isola le persone. Alimenta tensioni. Le storie di violenza o minaccia non riguardano solo casi eclatanti: sono episodi quotidiani che troppo spesso restano senza risposta. Ed è proprio da queste storie, piccole e grandi, che questa proposta prende forma.
L’articolo proposto introduce misure operative per il contrasto alla microcriminalità urbana, tra cui:
* l’allontanamento di soggetti con precedenti o comportamenti minacciosi;
* la presenza visibile e costante delle forze dell’ordine;
* l’obbligo per i Prefetti di relazionare ogni sei mesi al Ministero degli Interni sui risultati ottenuti.
Tutte misure pensate per garantire il diritto fondamentale alla sicurezza, senza limitare le libertà individuali. Un invito all’Italia intera, perchè questa “non è una battaglia personale, ma una richiesta collettiva di protezione”.