Cronaca di Redazione , 03/07/2025 9:49

Il Centro Antiveleni di Verona premiato a Glasgow: salvata una donna con sindrome Brash

Equipe del centro antiveleni
Equipe del centro antiveleni

Battito rallentato, insufficienza renale, livelli elevati di potassio nel sangue, tutti sintomi che compongono la cosiddetta sindrome Brash. E’ una patologia dal nome complesso (Bradycardia, Renal failure, Atrioventricular blockade, Shock, Hyperkalemia) per la quale la soluzione terapeutica tradizionale può rivelarsi priva di successo se tale sindrome è sostenuta da un’intossicazione da farmaci. Una concomitanza che può diventare fatale, se non trattata adeguatamente, ma che è stata scoperta al Centro Antiveleni di Verona diretto dal dott Giorgio Ricci dove è stata salvata una donna con un antidoto specifico individuato apposta.

Questo è il fulcro argomentativo dell’articolo presentato a Glasgow al 45° Congresso Internazionale di Tossicologia della European Association of Poison Centres and Clinical Toxicologists/EAPCCT, dove è stato nominato “best paper” del 2024. Ogni anno sono quattro gli articoli premiati e quest’anno c’era anche il contributo di Verona: “Not only Van Gogh: a case of BRASH syndrome with concomitant digoxin toxicity” Van Gogh, in terapia con digossina, si esponeva spesso a sovradosaggio di tale farmaco: alcuni critici d’arte sostengono che il particolare uso del colore proprio del pittore fiammingo fosse proprio legato all’utilizzo di digossina.

La ricerca è partita da un caso studio di una paziente che presentava il quadro clinico causato tipicamente dalla sindrome di Brash - eccessivo potassio nel sangue, acidosi metabolica e pressione sanguigna molto bassa -, ma le cui condizioni non miglioravano anche dopo le prime terapie per ridurre i livelli di potassio.

La scoperta dell’intossicazione. Il risultato della ricerca ha dimostrato che se si innesta un farmaco ad azione cardiotossica, che può quindi danneggiare il muscolo cardiaco, nel circolo vizioso della Brash potrebbe essere vanificata l’efficacia dei protocolli terapeutici standard, portando anche alla morte.

La paziente infatti era in terapia cronica con digossina, farmaco con carattere cardiotossico che viene eliminato attraverso i reni. L’insufficienza renale causata dalla Brash ha fatto sì che la digossina non venisse smaltita dall’organismo ma perdurasse all’interno degli organi causando un’intossicazione. Il team del dott.

Ricci, ha preso in carico il caso e ha poi proposto L’antidoto specifico. È stata necessaria anche una dialisi per il miglioramento della paziente.

Al lavoro hanno contribuito Ilaria Costantini, Giovanni Mantelli, Elia Morando, già specialisti Aoui, gli specializzandi in Farmacologia e Tossicologia clinica Massimo Carollo e in Medicina d’ Emergenza/Urgenza Mariapaola Castri e i professionisti Aoui Lorenzo Losso, Matilde Bacchion, Lucia Drezza, coordinati dal dott. Giorgio Ricci.

Queste le parole del Dott. Giorgio Ricci, direttore Centro antiveleni di Verona: “Questo premio ci onora e ci aiuta a comunicare che la Brash non è solo la somma dei suoi sintomi, ma una sindrome autonoma. La ricerca ha voluto rimarcare l’importanza non solo di individuare più in fretta possibile il quadro clinico della sindrome ma anche di riconoscere eventuali agenti – come la digossina in questo caso – che possono peggiorare il quadro clinico del paziente fino ad essere letale”.