Cronaca di Redazione , 21/05/2025 11:00

VIDEO | Maxi blitz dei carabinieri contro la 'Ndrangheta, 97 arresti: anche a Verona

Una maxi operazione dei carabinieri per l'esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Reggio Calabria, su richiesta della Dda, nei confronti di 97 indagati è in corso nel reggino e in altre città italiane. Il blitz ha colpito alcune tra le più importanti cosche di 'ndrangheta i cui sodali sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico, anche internazionale, di droga, detenzione e spaccio di droga, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, scambio elettorale politico mafioso e detenzione e porto di armi.

Tra le principali accuse contestate dalla Dda di Reggio Calabria diretta da Giuseppe Lombardo, vi è quella di aver gestito in regime di monopolio il traffico di stupefacenti attraverso una struttura stabile ed organizzata, frutto di "un'alleanza" tra le cosche della provincia, sovraordinata alle singole articolazioni e a queste complementare.

L'operazione, denominata "Millenium" è stata eseguita a Reggio Calabria, Milano, Monza e Brianza, Pavia, Nuoro, Bologna, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, Roma, Rimini, Verona, Agrigento e Torino ed è stata condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, supportati in fase esecutiva dai militari dei Comandi provinciali competenti per territorio, dal Ros, dallo Squadrone eliportato Cacciatori Calabria e Sicilia, dal 14mo Battaglione "Calabria", dal Nucleo cinofili e 8° Nucleo elicotteri di Vibo Valentia ed inoltre con il supporto dell'unità Ican (Interpol Cooperation Against Ndrangheta) dello Scip per gli aspetti di cooperazione internazionale di Polizia.

Nel corso dell'operazione è stato eseguito anche il sequestro preventivo di due società - attive nella ristorazione e nell'edilizia - ritenute riconducibili agli indagati e utilizzate per favorire le attività illecite dell'associazione.

LE INDAGINI

Una struttura stabile ed organizzata, frutto di un'alleanza ("un unico corpo") tra cosche dei locali dei tre "mandamenti" della provincia di Reggio Calabria, sovraordinata alle singole articolazioni e a queste complementare, che gestiva il traffico di droga. E' la novità emersa dall'inchiesta "Millennium" che stamani ha portato all'arresto di 97 persone - 81 in carcere e 16 ai domiciliari - ritenute a vario titolo legate ai maggiori clan di 'ndrangheta del reggino. La struttura, secondo quanto emerso, si occupa, tra l'altro, di importare dall'estero (specialmente Colombia, Brasile e Panama) ingenti quantitativi di cocaina nascosta in container imbarcati su navi, e al successivo recupero attraverso il porto di Gioia Tauro, sfruttando la compiacenza di squadre di operatori portuali.

La droga viene poi distribuita su tutto il territorio nazionale, attraverso una ben rodata struttura organizzata e diretta dalle cosche. I provvedimenti di oggi costituiscono l'epilogo di indagini svolte dai carabinieri dei Nuclei investigativi del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Gruppo di Locri, nonché dalla Sezione operativa della Compagnia di Locri, sotto il coordinamento della Dda di Reggio Calabria, sin dal 2018, e raggruppano 5 procedimenti penali che riguardano le maggiori consorterie di ndrangheta operanti nei tre mandamenti della provincia reggina, centro, jonico e tirrenico. L'inchiesta ha confermato la caratteristica di unitarietà dell'ndrangheta ridisegnando e aggiornando la struttura e i vertici, oltre a confermare l'attualità dell'esistenza della struttura di ndrangheta denominata "provincia", cioè un organo collegiale che svolge una funzione di raccordo tra i "locali" reggini e quelle dislocate in altre regioni e all'estero e che regola ogni nuova costituzione di strutture di 'ndrangheta, ingerendosi anche nelle assegnazioni delle nuove cariche, garantendo il rispetto delle regole dell'associazione e dirimendo controversie tra gli associati.

Le indagini hanno inoltre permesso di registrare l'operatività dei "locali" reggini di Sinopoli, Platì, Locri, Melicucco e Natile di Careri , nonché di quelli di Volpiano (Torino) e Buccinasco (Milano). Oltre all'attività estorsiva, le cosche, secondo l'accusa, avevano la capacità di infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche, così da ottenere informazioni propedeutiche allo svolgimento delle attività criminali, come quelle sulle procedure degli appalti e sullo stato dei pagamenti utili per infiltrarsi, grazie anche alla compiacenza di imprenditori collusi, in attività economiche collegate, quali, la vendita di mascherine e guanti all'Asp di Reggio Calabria. Dalle indagini sono emerse anche pratiche illegali di procacciamento di voti in diverse consultazioni elettorali e in particolare per una candidata (poi non eletta) alle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Calabria.