Attualità di Redazione , 29/07/2025 7:11

Oggi essere ebrei in Italia è un peso. Lettera pubblica di Federica Iaria vice-presidente AIISE

Federica Iaria
Federica Iaria

"Il marketing batte la realtà. Gli slogan sono più forti dei fatti reali. Verona lo ha mostrato ieri.

Le vicende drammatiche di Gaza sono evidenti e smuovono ogni anima, a dispetto delle accuse infami e infamanti verso israeliani, sionisti, ebrei: tutto ormai è un gran calderone di ignoranza e ipocrisia mediatica.

La fame di Gaza è un drammatico strumento di propaganda, che però non ha riscontro con dati e numeri reali e spesso purtroppo, le stesse immagini pubblicate e non verificate ritraggono bambini gravemente malati, tenuti in braccio da adulti in perfetta salute. Spesso si tratta anche di immagini prese da altre carestie come quella in Yemen, per cui nessuno scende in piazza, forse perché Israele non c’entra nulla. Falsi spacciati per veri anche da autorevoli quotidiani, presi pedissequamente dalle fonti di propaganda jihadista, che impatta sull’Europa senza nemmeno che gli europei se ne rendano più conto.

Tonnellate di derrate alimentari sono entrate a Gaza da Israele. Quanti sono i paesi in guerra che supportano l’avversario? Solo in questi giorni oltre 800 camion di aiuti, lasciati entrare da Israele sono statti lasciati a marcire sotto il sole. Come mai? L’ONU non ha voluto distribuirli per paura di Hamas, la stessa organizzazione terroristica che ha da sempre ha saccheggiato gli aiuti e lucrato sulla pelle della popolazione civile.

Chi si schiera con la popolazione palestinese dimentica stranamente di parlare del giogo terrorista che la opprime ed elimina fisicamente, quando serve alla “causa del martirio”, quando i palestinesi sono considerati arbitrariamente traditori, omosessuali, o semplicemente se lavorano per la Gaza Humanitarian Foundation, sottraendo dalle mani di Hamas il potere di usare il cibo come arma.

Le sfumature sono difficili da cogliere per l’opinione comune. È più facile avere un unico colpevole; richiede meno sforzo, conoscenza ed è servito su un piatto d’argento da una narrazione mediatica che pare avvelenata da antichi stereotipi di cui l’amministrazione di Verona sembra volersi fare portatrice.

Vivo infatti in una città dove il sindaco durante un incontro di persona si è, con fare integerrimo e fin scocciato, dichiarato super partes, si è rifiutato di vedere cosa fosse accaduto il 7 ottobre 2023 in Israele “per imparzialità”, e dunque non posso non chiedermi se conosca realmente il significato delle parole che usa. Perché mette i sudari per i morti a Gaza (terroristi inclusi), non concede contesto e dibattito, rifiuta una luce arancione per i bambini Bibas perché “lui non si schiera” ma delibera che la campana del Rengo suoni per “rompere il silenzio sulla fame”, accetta che sul prestigioso palco dell’Arena, simbolo della città, si proiettino slogan che parlano di genocidio, un termine usato a sproposito, ma incisivo, come uno slogan da campagna elettorale.

“Stop Genocide” con la bandiera dei colori palestinesi, campeggiava infatti sui maxi schermi, davanti ad una platea pagante di 15.000 persone, con il maestro Daniel Oren a dirigere l’orchestra, mentre fuori la piazza urlava a senso unico quanto ormai è diventato un lavaggio del cervello, perché per quali possano essere le colpe di Israele, esse non vengono analizzate, solo additate, senza mai inserire nell’equazione Hamas che ancora minaccia, dopo oltre 600 giorni di agonia, di uccidere i pochi ostaggi vivi per i quali, il sindaco super partes Tommasi non ha mai proferito parola, mai proiettato un nastro giallo.

Perché il fatto che Hamas minacci di uccidere “cadaveri umani”, non interessa alla folla riunita in Piazza Bra a Verona. Hamas vuole condurre le trattative per una tregua, da quel che è, puro terrorismo. Fare pace con i terroristi, non suona ossimorico a chi ragiona? Evidentemente no.

Allora il dubbio è lecito: chi cavalca la comoda e popolare caccia al colpevole, si rende conto delle conseguenze che avrà, come quella del turista ebreo, aggredito in autogrill dalle persone che nutrite di disinformazione, con violenza, davanti a suo figlio hanno urlato odio e il “torna a casa tua”, segno che nazionalità e religione non sono nemmeno distinti da chi grida ma non sa.

Nessuna parola per i Drusi in Siria, per i cristiani massacrati nelle chiese e in Burkina Faso. Sarà perché non portano voti?

Oggi essere ebrei in Italia è una lettera scarlatta, ma fortunatamente esiste anche chi fa fact checking, debunking, che conosce la storia, che non grida e basta. Ma che non trova spazio nei media, altro grande interrogativo.

Chi è accanto a noi e tra noi, come dice il non ebreo presidente dell’Associazione Italia Israele Scaligero Estense, Marco Leati con coraggio.

Abbiamo bisogno delle istituzioni, di leggi veloci che tutelino dall’antisionismo e dall’antisemitismo. Perché siamo nel buio degli anni 30 del ‘900. Come a Ferrara, come a Milano, come a Napoli, come a Roma. Come in troppi luoghi perché non si accenda un campanello di allarme.

Purtroppo leggi contro l’ignoranza non si possono fare, perché tanti, troppi, sarebbero colpevoli"