Analisi Cgia Mestre: il Veneto ha la metà dell'evasione fiscale della Campania

L'analisi comparativa tra territori rappresenta un'attività molto complessa, specialmente in materia di evasione fiscale. Tuttavia, i risultati elaborati dall'Ufficio studi della CGIA, basati sui dati estrapolati da Il Sole 24 Ore-Agenzia delle Entrate-Riscossione rivelano che nella nostra regione i mancati pagamenti fiscali ammontano, nel periodo compreso tra il 2000 e il 2024, a 70,8 miliardi di euro, meno della metà dei 152,5 miliardi di euro delle tasse non riscosse in Campania. È interessante notare che la regione guidata dal Presidente, Vincenzo De Luca, non si colloca neppure al primo posto in termini negativi a livello nazionale; infatti, la Lombardia con 259,4 miliardi e il Lazio con 226,7 miliardi presentano uno stock complessivo di debiti fiscali significativamente superiore al dato campano. Considerando invece il confronto fra le regioni in base al valore pro capite, emerge in prima posizione il Lazio con 39.673 euro di tasse non riscosse; seguono la Campania con 27.264 euro e la Lombardia con 25.904 euro. Il Veneto occupa il quindicesimo posto con un importo di 14.600 euro, inferiore sia alla media del Nordest pari a 15.504 euro sia a quella nazionale che ammonta a 21.611 euro (si veda Tab. 1 e Graf. 1).
In Italia un evasore su 8 è una partita Iva: quasi sicuramente anche nel Veneto
I contribuenti italiani con debiti fiscali non ancora riscossi dalle nostre Agenzie fiscali ammontano a circa 22,8 milioni, di cui 3,6 milioni sono rappresentati da persone giuridiche (società di capitali, enti commerciali, cooperative), e i restanti 19,2 milioni da persone fisiche. Tra queste ultime, 16,3 milioni sono lavoratori dipendenti, pensionati e percettori di altre forme di reddito (da beni mobili, immobili, ecc.), mentre i rimanenti 2,9 milioni, corrispondenti al 12,7 per cento del totale, svolgono un’attività economica come artigiani, commercianti o liberi professionisti. In sintesi, i dati ufficiali forniti dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione confermano quanto sostenuto costantemente dalla CGIA: i lavoratori autonomi non sono un popolo di evasori, come spesso vengono descritti dall’opinione pubblica. È indubbio che in questa categoria vi sia anche chi non adempie ai propri obblighi fiscali; tuttavia, secondo le statistiche ufficiali dell’Agenzia delle Entrate, solo un debitore col fisco su otto è una partita IVA. Su questa materia, purtroppo, l’Amministrazione finanziaria non ha pubblicato alcun dato a livello regionale. Ci permettiamo di osservare, visto che il Veneto è una delle regioni che si caratterizza per l’elevato numero di partite Iva presenti nel suo territorio, che le considerazioni fatte più sopra sulle caratteristiche dei cattivi pagatori a livello nazionale abbiano una corrispondenza anche nel nostro territorio.
Il 58% dei mancati incassi è concentrato nel Centrosud
Sebbene al Nord sia concentrata la stragrande maggioranza della ricchezza prodotta nel Paese e la parte più dinamica delle attività economiche e produttive, dei 1.274 miliardi di euro di tasse non riscosse negli ultimi 25 anni nel Paese dal fisco e dagli altri enti preposti, il 58 per cento, pari a 739,3 miliardi di euro sono riconducibili alle regioni del Centrosud. Il rimanente 42 per cento, invece, è in capo alle regioni del Nord che cubano 535,1 miliardi di euro non versati. Prendendo come riferimento il dato pro capite, la situazione più critica si verifica nel Lazio, dove i debiti fiscali da riscuotere sono pari a 39.673 euro. Seguono la Campania con 27.264 euro pro capite, la Lombardia con 25.904 euro, il Molise con 20.469 euro e le Marche con 20.078 euro. In valore assoluto, l’importo record non pagato è in capo alla Lombardia con 259,4 miliardi di euro. Seguono il Lazio con 226,7 miliardi di euro, la Campania con 152,5 miliardi, l’Emilia Romagna con 87,9 miliardi e la Sicilia con 87,8 miliardi di euro. Il Veneto occupa il 6° posto con uno stock di mancati pagamenti di 70,8 miliardi di euro.
Mancano 1.274 miliardi, ma incassabili sono solo 100. Il 76% delle cartelle sono di importo inferiore ai 1.000 euro
Tra il 2000 e il 2024 le tasse, contributi, imposte, bollette, multe, etc., non riscosse dal fisco italiano o da altri enti sono pari a 1.274,5 miliardi di euro. Al netto delle persone nel frattempo decedute, delle imprese cessate, dei nullatenenti e dei contribuenti già sottoposti ad azione cautelare/esecutiva, l’importo potenzialmente aggredibile si riduce a poco più di 100 miliardi di euro (7,9 per cento del totale). Va altresì segnalato che il cosiddetto magazzino residuo è composto da 175 milioni di cartelle per un numero complessivo di 291 milioni di crediti. Gli avvisi di addebito e di accertamento esecutivo sono mediamente di importo molto contenuto: il 76 per cento dei singoli crediti, infatti, sono di importo inferiore a 1.000 euro e cubano complessivamente 59 miliardi di euro.
Per contrastare l’evasione serve un fisco più efficiente
I risultati ottenuti nella lotta contro l'evasione fiscale indicano l'opportunità di continuare a seguire il percorso intrapreso negli ultimi anni, intensificando gli sforzi verso la semplificazione del sistema tributario e il conseguente miglioramento della relazione tra fisco e contribuente. È fondamentale sfruttare in modo sempre più efficiente i dati detenuti dall'Amministrazione fiscale, al fine di ottimizzare i controlli su fenomeni che, secondo le valutazioni dell'Agenzia delle Entrate, presentano elevati livelli di rischio. Tra questi si annoverano: le frodi IVA; l'uso improprio di crediti inesistenti e/o aiuti economici non dovuti; la fittizia dichiarazione di residenza fiscale all'estero; e l’occultamento di patrimoni al di fuori dei confini nazionali. Sono modalità di evasione che, a differenza di quelli imputabili agli artigiani e ai piccoli commercianti[5], sono ascrivibili quasi esclusivamente ai grandi contribuenti.