Attualità di Redazione , 03/07/2022 6:00

Cambia il vescovo di Verona: addio a Zenti tra le polemiche, arriva Pompili stimato da tutti

Pompili e Zenti
Pompili e Zenti

Ha scelto il giorno della nomina del suo successore monsignor Domenico Pompili, per raccontare la “sua verità” su quanto accaduto durante la campagna elettorale che ha visto il centrosinistra alla fine riconquistare Verona. E rispondere alle polemiche sulla sua lettera ostile alle idee gender contro la quale si era schierato don Marco Campedelli, l’insegnante di religione del liceo Maffei che vedrà scaduto il suo “mandato” al 31 agosto.

Giuseppe Zenti, 75enne vescovo uscente di Verona, ieri ha voluto esprimere senza fronzoli e cedimenti alla diplomazia il suo pensiero sull’accaduto, parlando ad una città che respira da giorni un’aria diversa, con un nuovo sindaco, Damiano Tommasi, e ora un nuovo vescovo. Il prelato punta l’indice contro l’informazione, “che ha trascinato la questione in polemica”, domandandosi “perché la sua lettera sia stata diffusa” nei giorni caldi precedenti le urne “e poi trasformata in un argomento di discussione”.

Una missiva in cui Zenti invitava di fatto i sacerdoti a segnalare “eventuali carenze di valori civili con radice cristiana” con particolare riferimento “all’ideologia del gender, al tema dell’aborto, dell’eutanasia” nei candidati in lizza per il voto. Un assist giudicato sin troppo esplicito nei confronti del candidato di centrodestra Federico Sboarina. Nel ribadire di non voler accrescere il clima di tensione creato dal caso, Zenti resta però fermo sulla sua idea, facendo peraltro comprendere che la smentita sul licenziamento di don Marco diffusa dalla Diocesi dopo lo scoppio delle polemiche è stata, in effetti, una mezza verità.

“Chi insegna religione deve essere in comunione con il suo vescovo, punto – scandisce, alludendo a don Marco – Se non lo è non può insegnare. Molte polemiche sono fuori luogo e sono state del tutto falsificate, io non sono entrato nella questione elettorale, io ho parlato con i miei preti, i miei familiari”.

Zenti aggiunge: “Don Marco Campedelli è un mio prete, per lui prego molto perché vorrei che fosse un bravo prete. Ogni insegnante di religione, come è noto, ha un incarico annuale – chiarisce ancora -. Chi non è in comunione con il vescovo non può essere insegnante per l’anno successivo. In questo momento non è in comunione con me, lo ha detto apertamente e mi dispiace da morire perché è un prete a cui voglio bene e a cui ho sempre voluto bene. Non ho capito cosa sia successo”.

Nessun passo indietro, dunque, nonostante le numerose manifestazioni di stima che i cittadini di Verona hanno rivolto all’insegnante, arrivando a riempire, venerdì sera, piazza dei Signori. “Chiedo a voi dei media, ora – afferma Zenti – di aiutarlo a rientrare in se stesso e avere buon senso. Perché volete trascinarmi in queste polemiche che dentro di me hanno fatto male da morire? Vorrei solo parlare con un po’ di ragionevolezza”.

Il destino lavorativo di Don Marco sarà dunque ora nelle mani di monsignor Pompili, che lascia la guida della Diocesi di Rieti per approdare in riva all’Adige. Ai suoi ‘vecchi’ fedeli il futuro vescovo di Verona ha chiesto intanto di pregare: “Voi per me e io per voi, così quel che è stato seminato porti frutto, sotto la guida di un altro pastore. Per fortuna il pastore buono delle pecore che è Gesù non passa né cambia”.

Pompili, in prima linea durante il terremoto di Amatrice, è stato “travolto” da tantissimi attestati di stima delle istituzioni della Regione Lazio e della città di Rieti, che lascerà per diventare ufficialmente vescovo di Verona, a settembre.

Don Domenico è un vescovo giovane, ha da poco compiuto 59 anni, gode di ottima stima tra le mura della Santa Sede e, soprattutto, ha dimostrato, sul campo, di avere tutti i numeri in regola per gestire crisi complesse. Il 24 agosto 2016, ad Amatrice, poco dopo la tremenda scossa che l’aveva rasa al suolo, era sul campo accanto alla comunità ed era ancora lì, in prima linea, nei giorni scorsi.

Pompili lascia nel Reatino, da dove negli ultimi giorni si sono levati invano vari appelli affinché il Vaticano non lo trasferisse, l‘eco di parole spesso critiche e dure, come quelle pronunciate, ad esempio, ai funerali delle vittime del sisma davanti alle più alte cariche dello Stato: “Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo!”.