la Redazione

"Pari opportunità nello sport" l'evento pubblico organizzato da Fondazione Bentegodi

”Lo sport è una ineguagliabile palestra di relazioni e di convivenza. Quel che si apprende praticando l’attività sportiva, lo si esporta in tutti gli altri rapporti, dalla famiglia, alla coppia, al lavoro. Per questo abbiamo deciso di realizzare un docufilm di 40 minuti, che facesse il punto sul faticoso cammino verso le pari opportunità e raccontasse la forza che le donne esprimono nell’abbattere le barriere”. Così Marianna Montanini, presidente di Biancarosa Onlus – associazione veronese attiva dal 2007 su temi dell’uguaglianza di genere – ha illustrato il docufilm “ Il cuore oltre l’ostacolo” che verrà proiettato lunedì 6 maggio alle ora 20.45, al Teatro della Santissima Trinità, in via Santissima Trinità 4, a Verona.

Un vero e proprio reportage, sulla condizione femminile nello sport, a partire dalle norme sanitarie del 1975 che ancora tracciavano distinzioni tra discipline adatte o non adatte alle donne, fino all’annuncio che le prossime Olimpiadi di Parigi saranno le prime ad avere la pari partecipazione tra atleti maschi e atlete femmine.

Un traguardo che – però - rischia di essere solo un dato numerico senza un reale contenuto. Nel docufilm, infatti, le stesse atlete donne protagoniste, rilevano come le istituzioni sportive siano ancora poco attive nel sostenere lo sport femminile, come gli sponsor non si impegnino economicamente allo stesso modo e soprattutto come nell’opinione pubblica siano ancora vivi pregiudizi.

Il reportage comprende le voci di calciatrici dell’Hellas Verona Women, cestiste dell’Alpo Basket, che hanno descritto come negli ultimi anni siano stati fatti grandi passi in avanti, ma siano necessarie innanzitutto norme che diano le medesime opportunità di pratica professionistica.

Purtroppo, resistono condizioni di discriminazione che vanno dal differente trattamento economico a parità di livello, agli ancora frequenti contratti di ingaggio che si interrompono in caso di gravidanza, in alcune discipline.

“Nel docufilm riportiamo casi recentissimi di pregiudizio culturale, come quello che – appena tre anni fa – ha colpito la nazionale di pallamano su sabbia Norvegese, le cui giocatrici sono state multate per avere indossato pantaloncini più lunghi e coprenti del normale”

La risposta delle donne nello sport è fatta di caparbietà e passione, come dimostrano le testimonianze video della già campionessa olimpica di mountain bike Paola Pezzo che nel docufilm ricostruisce come, in occasione della sua vittoria alle Olimpiadi di Atlanta, si parlò di lei più per la scollatura del body che per la performance atletica.

Il racconto della motociclista Francesca Gasperi, protagonista di avventurose gare nel deserto del Sahara, parla di passione e volontà nel superare ostacoli reali o culturali, con il rammarico del notare come gli sponsor di aziende produttrici di beni destinati al pubblico femminile, spesso siano le ultime a credere nel valore della prestazione sportiva femminile.

“Nel reportage – prosegue la Presidente di Biancarosa Onlus – ricostruiamo i cambiamenti lenti e difficili, come quelli nella scherma dove per 72 anni, dal 1924 al 1996, - ad esempio – l'unica specialità della scherma ritenuta adatta alle donne era il fioretto. Solo nel 96 è stata aggiunta la spada, per la sciabola si è dovuto aspettare il 2004 e nello stesso calcio, che pur essendo la disciplina più avanti in termini di pari opportunità, ha fatto registrare dati sconcertanti a margine degli scorsi campionati mondiali, dove – secondo un sondaggio eseguito da media statunitensi - il 54% delle giocatrici ha denunciato di non aver avuto sufficienti controlli medici preventivi, il 70% di non essere state sottoposte a un elettrocardiogramma, il 66% di aver dovuto ricorrere a ferie e permessi lavorativi, il 29% di non aver ricevuto un fondo spese.

Incoraggianti le testimonianze delle generazioni più giovani, rappresentate nel docufilm dalla velista Alexandra Stalder, dalla pesista Celine Delia e dalla pongista Valentina Perchinenna. Tutte testimoniano la volontà di misurarsi alla pari, di far valere il risultato, ma rilevano ancora una compromettente differenza nella considerazione da parte del pubblico e dei media.

“Con questo documento, forniamo racconti e dati - conclude Marianna Montanini - perché da un lato è indispensabile ascoltare le donne che praticano lo sport e che vivono la condizione, dall’altro non si deve pensare che basti la loro passione per costruire la parità di genere.”